Il 14 luglio scorso ITN e The Media Society hanno ospitato un dibattito dal titolo “Rewriting History: Is the new era in data protection compatible with journalism?” a proposito del rapporto “strategico” che intercorre tra la privacy, il diritto all’oblio e la professione del giornalismo e sul relativo bilanciamento tra il diritto alla cronaca e il diritto ad essere dimenticati (tra gli ospiti del convegno che i venticinque* lettori di questo blog già conoscono, c’è Luciano Floridi, Professor of Philosophy and Ethics of Information alla Università di Oxford).
Il dibattito, già di per sé più che interessante, se considerato nell’ottica di quanto espresso in Open Source Intelligence Abstraction Layer a proposito del livello di astrazione del giornalista (ma anche dello storico, a questo punto), porta dritti ad una considerazione che ci pare significativa, ovvero:
…se il giornalismo, in quanto disciplina, riconosce come critiche e accetta di confrontarsi con questo tipo problematiche (tentando anche di dotarsi degli strumenti concettuali necessari per affrontarle) è possibile che la stessa esigenza possa (o debba?) essere avvertita anche da discipline, diciamo così, affini?
Dove andiamo a parare è ovvio: la disciplina dell’intelligence (convenzionale e delle fonti aperte) come si sta interrogando – se lo sta facendo – a tal proposito? Di quali strumenti si sta dotando per affrontare questa problematica? O forse ritiene – è solo una ipotesi… – di non esserne coinvolta? E in tal caso, quali solo le motivazioni?
In attesa di un qualche tipo ti risposta e/o contributo – ufficiale o ufficioso – godiamoci il video del dibattito.
* non era per fare una dotta – ma fin troppo banale – citazione manzoniana. E’ che, statistiche alla mano, i lettori affezionati di queste pagine sono più o meno pari al quadrato di cinque… ;)