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ATTENZIONE! il post contiene microdosi di sarcasmo che se assunte nella giusta posologia possono provocare brevi episodi di ilarità.
Polemico: dal greco polemikós, appartenente alla guerra, guerresco, che attiene a disputa a contesa, o ne ha il carattere.
oppure
Polemico. Detto di persona, generalm. d’indole battagliera e combattiva, che tende ad assumere, o assume, un atteggiamento di decisa opposizione, soprattutto su un piano concettuale, contro ciò che contrasta con i suoi interessi o con il suo punto di vista, e sa sostenere validamente e con vivacità, talora aggressiva, le proprie ragioni…
Ebbene si, schiacciato dal peso della consapevolezza e messo alle strette dalle affettuose osservazioni di parenti, amici e colleghi, publicamente lo confesso: sono un polemico.
Forse lo sono sempre stato. Come militare (anche se in congedo da 20 anni…) dovrei in qualche modo appartenere alle cose della guerra (sebbene non l’abbia mai fatta o vissuta). Molto più banalmente diciamo che – come tanti – qualche volta mi piace cedere alla lusinga della disputa dialettica, anche fine a sé stessa.
Ad ogno modo mi sono accorto di essere particolarmente polemico quando l’argomento in discussione è la “questione cyber”.
Chi mi conosce un po’ sa già dove voglio andare a parare. Per tutti gli altri che avranno interesse, tempo e voglia rimando alla lettura del mio “Critica alla ragion Cyber” in cui sostengo la presenza di un ampio – e forse doloso… – fraintendimento del concetto di “cibernetica” da parte degli studi strategici e di intelligence.
Il risultato di questo fraintendimento è una invasione lessicale – all’interno delle discipline degli studi strategici e di intelligence – da parte dei termini cyberderivati, verso i quali si è svilupata una vera e propria forma di dipendenza, al punto tale da usarli per costruire – in senso performativo – una pluralità di oggetti concettuali che in teoria dovrebbero differenziarsi dagli altri già esistenti in virtù di una non meglio specificata ciberneticità. Dunque, come in un delirio da divina creazione, l’atto performativo: “sia spazio cibernetico!”. E poi anche siano la cyber-guerra, le cyber-armi ed i cyber-armamenti e tutti gli altri concetti cyber-like che vengono usati per costruire strategie, policy e anche – purtroppo – normative.
Certo, indubbiamente la parola “cibernetica” – come tutto ciò che evoca contesti futuribili e sconosciuti – ha un suo fascino romantico. Purtroppo (anzi per fortuna) ha anche un suo preciso (precisissimo…) significato. Teniamolo quindi a mente e proviamo a fare un po’ di numeri. Il sito del Sistema di Informazione per la Sicurezza della Repubblica contiene 132 occorrenze di parole con contengono la locuzione “cyber” e 84 occorrenze tra “cibernetica” e “cibernetico” (consultazione al 3 settembre 2014).
Nel DPCM 24/1/2013 (“Direttiva recante indirizzi per la protezione cibernetica e la sicurezza informatica nazionale”) la situazione si ribalta: si contano zero occorrenze per il termine “cyber” e 89 occorrenze per “cibernetica/o”. Nel documento “Quadro strategico nazionale per la sicurezza dello spazio cibernetico” (dicembre 2013) abbiamo 22 occorrenze per “cyber” e ben 113 occorrenze per “cibernetico/a”. Nel “Piano nazionale per la protezione cibernetica e la sicurezza informatica” (dicembre 2013) invece si trovano sempre 22 occorrenze per “cyber” ma 41 occorrenze per “cibernetico/a”.
In questi documenti sono inoltre “evocati” (in qualche caso anche con qualche tentativo di descrizione, che magari potrà essere il tema di un prossimo post) tutta una serie concetti ciberderivati che per completeletezza elenchiamo, indicando tra parentesi il numero totale delle occorrenze:
- lo spazio cibernetico (80)
- la sicurezza cibernetica (64)
- la protezione cibernetica (37)
- la minaccia cibernetica (18)
- la crisi cibernetica (12)
- l’evento cibernetico (6)
- la natura cibernetica (5)
- la difesa cibernetica (3)
- l’ambiente cibernetico (3)
- lo spionaggio cibernetico (2)
- il dominio cibernetico (2)
- la criminalità cibernetica (1)
- la guerra cibernetica (1)
- la resilienza cibernetica (1)
- la azione avversaria cibernetica (1)
- il centro operativo cibernetico (1)
- il carattere cibernetico (1)
- il settore cibernetico (2)
- l’attacco cibernetico (1)
- il terrorismo cibernetico (1)
- il crimine cibernetico (1)
Si potrebbe prendere ogni locuzione e discuterne la definizione, la coerenza con il significato originario di “cibernetica” e l’opportunità o meno di produrre nuovi concetti per indicarne altri che esistono già. Ma la cosa si può anche vedere in un altro modo più “asettico”. Scorrendo i termini sopra elencati, ci si accorge di tutta una serie di aderenze concettuali – qualche volta quasi sconfinanti nella mera sinonimia – che permettono di raggrupparli in “cluster” omogenei. Vediamoli.
Nel cluster che potremmo chiamare CONTESTI_CIBERNETICI troviamo: spazio, ambiente, dominio e settore cibernetici (86 occorrenze)
Nel cluster ATTIVITA’_CIBERNETICHE abbiamo: sicurezza, protezione, difesa, resilienza cibernetiche (105 occorrenze)
Il cluster AZIONI_CIBERNETICHE contiene: minaccia, evento, attacco, crisi, crimine e azione avversaria cibernetici (39 occorrenze)
Nel cluster CONDOTTE_CIBERNETICHE ci sono: spionaggio, criminalità, guerra e terrorismo cibernetici (5 occorrenze)
Nel cluster NATURA_CIBERNETICA infine: natura e carattere cibernetici (6 occorrenze)
Primi in classifica, per numero di occorrenze, i cluster ATTIVITA’_CIBERNETICHE e CONTESTI_CIBERNETICI, grazie soprattutto ai concetti di spazio (80), sicurezza (64) protezione (37) e minaccia (18).
Qualche domanda, come di prassi, nasce spontanea:
- era davvero così necessario coniare queste 21 nuove locuzioni semplicemente accostando parole che rappresentano concetti già molto ben definiti all’interno degli studi strategici e di intelligence al termine “cibernetica” (o “cibernetico”)?
- Quanto e cosa apporta a questi termini – in termini di carico semantico – la parola “cibernetica/o”?
- E poi quali sono le proprietà che dovrebbero caratterizzare e differenziare spazi, sicurezze, protezioni e minacce “cibernetiche” dagli spazi, sicurezze, protezioni e minacce che invece cibernetiche non sono?
- Possibile che gli studi strategici e di intelligence si accontentino di definizioni così… superficiali, ingenue, “alla buona”?
Normative, quadri strategici, piani nazionali e siti internet governativi purtroppo non lo dicono, almeno per il momento. E anche il mondo accademico che è espressione di queste discipline sembra dare risposte piuttosto sbrigative.
Sembra palesee l’intossicazione che questa “pandemia cibernetica” ha generato. Qui ci si è limitati al contare due termini all’interno di un sito internet e di tre documenti ufficiali, tutte risorse riconducibili ad un contesto molto preciso e specialistico (quello delle attività di ‘intelligence governativa nazionale). Una ipotetica analisi su vasta scala di articoli a stampa (più o meno specialistici), telegiornali, speech, convegni, ecc. probabilmente produrrebbe risultati ancora più espliciti.
Però attenzione: c’è una flebile speranza che l’estate del 2014 ci ha lasciato, una breccia nella sensibilità culturale del comparto dell’intelligence italica, la luce di una candela in fondo al buio del tunnel (cibernetico, of course). Per la prima volta – o almeno così mi pare – dall’inizio della “Grande Epidemia Cibernetica” si è accettato di prendere in considerazione posizioni (lievemente) diverse: stiamo parlando della bella review – ad opera del bravo Giuseppe Fiore – del famoso libro Cyber War Will Not Take Place di Thomas Rid, recentemente apparsa sul sito internet della nostra intelligence.
La lettura – cibernetica, in questo caso – è assolutamente consigliata (la polemica – solo per questa volta – anche…).