The Cyber Use of Cyber Beings: chissà se questo titolo sarebbe piaciuto a Norbert Wiener. Di certo dopo di lui sappiamo che – in quanto esseri umani – non possiamo rinnegare la nostra natura originariamente cibernetica.
Ovviamente gli esseri umani non sono né gli unici, né i primi (e probabilmente non saranno nemmeno gli ultimi) organismi cibernetici a popolare questo pianeta. A distinguerci però è il fatto di essere in qualche modo particolarmente informativi (chi più chi meno, ovviamente…). In altre parole siamo – come dice il filosofo italiano Floridi (padre del concetto di infosfera) – tutti delle “inforgs”.
Abbiamo più volte qui ragionato sul fatto di come l’infosfera sia il vero “campo di battaglia” dell’intelligence e di come, di conseguenza, le inforgs siano le entità con le quali l’intelligence deve entrare in relazione (in modo più o meno aperto). Abbiamo anche criticato il consolidamento – nell’ambito degli studi strategici e di intelligence – di certe prassi che tendono a diluire il concetto di cibernetica riducendolo a significati che sono del tutto fuorvianti. A tal proposito questo blog offre tutta una serie di definizioni cyber-centriche che sono assolutamente interessanti.
Per contro, è notizia di questi giorni che la Commissione Affari Costituzionali del Senato ha approvato il disegno di legge n° 3417 relativo al cosiddetto restyling della norma che regola il Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica. Nulla contro la revisione di una norma che era già la riforma [molto bipartisan, NdA] di una riforma (la L. 801/1977). Il punto è il come questo restyling tenta di innovare la norma nei settori che ci interessano di più. Riportiamo testualmente un passo a caso:
«3-bis. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, sentito il Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica, impartisce al Dipartimento delle informazioni per la sicurezza e ai servizi di informazione per la sicurezza direttive per rafforzare le attività di informazione per la protezione delle infrastrutture critiche materiali e immateriali, con particolare riguardo alla protezione cibernetica e alla sicurezza informatica nazionali».
Messa da parte la – tristissima – traduzione letterale del termine inglese cyberspace in “spazio cibernetico” (che più volte ricorre nella documentazione ufficiale dei lavori parlamentari) e messo da parte anche l’accostamento ardito di questa non meglio identificata “protezione cibernetica” (è una attività? una funzione? un sistema tecnologico? un metodo?) al concetto di “sicurezza informatica”, sembra lecita la domanda: qualsiasi cosa sia la “protezione cibernetica”, come si fa a capire quando questa diventa “nazionale”? Questione di confini? Di territorialità dei soggetti attuatori o dei beni/sistemi “ciberneticamente” protetti? Di nazionalità dei brevetti o delle intelligenze che la implementano?)
Il dubbio legittimo è che non si sia capito proprio benissimo quel che si è scritto nella testo di legge. Trattandosi di una norma che intende innovare (in senso migliorativo si spera) la legge sul Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica, il fenomeno non può che destare una certa preoccupazione…
Preoccupazione cibernetica, of course!